lunedì 29 febbraio 2016

Conformismi


Quando si riesce a mettere al sicuro le fortune accumulate sgozzando e depredando, viene il momento di far dimenticare come si è riusciti ad accumularle, nel tentativo di lasciar credere che siano cadute dal cielo a premiare un eccezionale incrocio di virtù. È il momento in cui il nomignolo del delinquente diventa nome del casato, mentre i suoi misfatti vengono trasfigurati nei simboli del blasone, dove ben presto diventeranno leggenda di imprese eroiche. I modi diventano sempre più fini, il sangue diventa blu, il bottino dei saccheggi diventa possedimento, e dove prima i nemici pendevano ai ganci di macelleria si fa spazio alla pinacoteca, ben presto ricca di dipinti di rara bellezza, immancabili le ninfe al bagno, le scene tratte dalle sacre scritture, i ritratti del padrone di casa cui il pennello abbia saputo dare la patina duomo giusto, perfino pio. Guai al ladruncolo che allora penetri a palazzo per rubare un candelabro: ha sovvertito lordine del creato, ha violato la proprietà privata...
Ernesto Galli della Loggia lamenta l’arcigna arroganza di un certo conformismo «per il quale il passato è sempre sinonimo di sorpassato» e che «predica sempre un vibrante rifiuto morale per tutto quanto sappia di disciplina e di autorità, mentre è pronto all’approvazione incondizionata per ciò che appare “autentico” e soprattutto “libero”: meglio se all’insegna dell’“amore”» (Corriere della Sera, 29.2.2016). Savvede che sta lamentando il furto di un candelabro in casa di un malfattore di antica schiatta? Un conformismo lascia spazio a un altro, è così da sempre, ma siamo certi che quello vecchio, messo in discussione da quello nuovo, abbia le carte in regola per lamentare il modo in cui gli è fatta violenza e, primancora, il fatto stesso che gliene venga fatta?
Varrebbe la pena di affrontare una volta per tutte questa faccenda del nuovo conformismo lamentato dai difensori del vecchio conformismo, ma oggi mi sento fiacco. Se ne riparla. 


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domenica 28 febbraio 2016

Schadenfreude per tutti, e non se ne parli più

Chi voleva la stepchild adoption, e non l’ha avuta, si consoli buttando un occhio in campo avverso: quelli del Family Day sono incazzati neri, soffrono come bestie ferite a morte. Certo, il diritto di piena genitorialità concesso a entrambi i partner di una coppia omosessuale avrebbe dato dignità di vero e proprio matrimonio allistituto dellunione civile, ma di fatto adesso due lesbiche e due gay sono famiglie, poi al resto penserà la giurisprudenza, sentenza dopo sentenza. E certo, potrà irritare che in Italia ladeguamento delle leggi ai mutamenti della società proceda con ritardi che favoriscono la persistenza di grosse sacche di dissenso ad ogni mutamento, sarà frustrante, senza dubbio, ma la pazienza è la virtù dei forti, può darsi sia addirittura meglio che le cose si prendano il tempo necessario per farle digerire piano piano a chi ha stomaco delicatuccio. Chi voleva la stepchild adoption, e non l’ha avuta, rifletta a quanto è accaduto per la fecondazione assistita. Anche chi volentieri lavrebbe dichiarata fuorilegge, perché il Catechismo la vieta, dapprima è stato costretto a concederla, accontentandosi di renderla un faticosissimo percorso a ostacoli. Poi, uno dopo laltro, gli ostacoli sono venuti a cadere, e il cardinal Ruini è rimasto con un pugno di mosche in mano. L’esperienza insegna: non farsi trascinare nella chiacchiera sui Grandi Sistemi, strappare pezzo a pezzo quello che si può strappare e poi produrre casi emblematici da portare in Cassazione, alla Consulta, a Strasburgo.
Ma si consoli pure chi voleva che tutto rimanesse comera, che il ddl Cirinnà fosse ritirato in blocco, che fosse in questo modo proclamato linsuperabile primato della famiglia tradizionale: l’Italia è omofoba da sempre, e per molto tempo ancora un ricchione resterà un ricchione, per molto tempo ancora qualche dispettuccio glielo si potrà infliggere per fargli capire che quel boa di struzzo fucsia è contronatura. Lo stralcio della stepchild adoption è un bel premio di consolazione, via, e poi non è stata una bella soddisfazione poter ripetere per settimane, col sorrisetto obliquo sulle labbra, cui in sincrono il sopracciglio andava perfettamente parallelo, che al gay lutero manca? Certo, sarà uno schifo vedere due maschi tenersi per mano, sentirli dire che sono famiglia in forza di una legge che sovverte la Legge, ma in fondo sarà unoccasione per soffrire, e questo al cattolico-come-si-deve piace da morire. Massima goduria, poi, soffrire in compagnia di chi ti fa soffrire, perché non deve essere carino vederti scippata la stepchild adoption e trovare a consolarti lo stesso Scalfarotto che fino a due minuti prima giurava che si sarebbe fatto spellare vivo piuttosto che rinunciarci.

Insomma, via, Schadenfreude per tutti, e non se ne parli più. Tanto più che di quanto era in questione col ddl Cirinnà non sè parlato troppo neppure quando si è fatto finta di discuterne, anzi, di tutto si è discusso per non parlar di quello. E daltronde sarebbe stato inopportuno perché le unioni civili erano solo unoccasione per vedere in campo lalta politica di cui noi italiani siamo maestri insuperabili. Via, è stata una gran bella partita, ottime regie, splendide triangolazioni, fallacci micidiali, ma arbitro e guardalinee, comè giusto, hanno lasciato correre per non mortificare il gioco. E dunque finte e controfinte, dribbling e contropiedi, meline e deviazioni in calcio dangolo, entrate a gamba tesa e simulazioni di fallo, goal di tacco e traversoni a perdersi sul fondo, spogliatoi nervosissimi e autogoal in mezza rovesciata, perché sia chiaro che non è la politica italiana a vivere di metafora calcistica, è il calcio che cerca di imitarla, quasi sempre offrendo uno spettacolo assai più piatto.

venerdì 26 febbraio 2016

«Petaloso»

In linea di principio può essere considerato «ben formato» ogni aggettivo che intenda rappresentare un’abbondanza di quantità o una pienezza di condizione di quanto è espresso dal sostantivo da cui deriva e cui a tal fine sia stato apposto il suffisso «-oso». Non è un caso, tuttavia, se la lingua italiana non conti più di 750 aggettivi di questo tipo, a fronte di un numero di sostantivi che è almeno sessanta volte maggiore (a voler considerare solo quelli d’uso più comune, che secondo i vari Autori sarebbero tra i 42.000 e i 47.000): a una parola non basta l’essere «ben formata» per trovare ragione di quella frequenza, di quella estensione e di quella persistenza d’uso che la portano ad essere inclusa in un dizionario. Perché «la usino tante persone e tante persone la capiscano» occorre che la sua struttura semantica risponda a ben precise esigenze, prima fra tutte una solida relazione tra il significante e il significato.
Questo è il motivo per cui in ogni dizionario della lingua italiana troviamo «peloso» per indicare qualcuno o qualcosa «con tanti peli», ma in nessuno troviamo – chiedo scusa per il solo porgerlo ad esempio – «pianetoso» per dire di un sistema solare in cui orbitino molti pianeti. In questo caso, che poi è sostanzialmente analogo a quello di «petaloso», per dire di un fiore che abbia tanti petali, a rendere estremamente debole la relazione tra significante e significato è la neutralizzazione dell’effetto che si ritiene attivo nel suffisso «-oso»: neutralizzazione che procede dalla natura stessa dell’oggetto al quale si intende attribuire l’aggettivo, perché dove, se non su un fiore, è lecito attendersi dei petali? Dove, se non in un sistema solare, ci aspettiamo di trovare dei pianeti? Di più: è proprio di un fiore avere dei petali, è proprio di un sistema solare avere dei pianeti. Certo, su un fiore potremo avere pochi o molti petali, in un sistema solare potremo trovare pochi o molti pianeti, ma in entrambi i casi ci troviamo dinanzi ad aggettivi che non sono spendibili fuori dal contesto nel quale hanno preteso di aver ragione di nascere, e non è necessario un grande sforzo di intelletto per capire che perfino l’uso metaforico risulta fortemente inibito: è questo che li condanna irreparabilmente alloblio o li confina nell’idioletto di natura specialistica dal quale non hanno mai avuto la pretesa di uscire.
Non così per tutti gli aggettivi che sfruttano il suffisso «-oso» che fin qui hanno trovato accoglienza nei vocabolari della lingua italiana: in chiunque potremmo trovare la pienezza del «coraggio» che lo rende «coraggioso», e «peloso» potrà essere un uomo, un animale, uno stomaco, un tappeto, un frutto, perfino quel particolare genere di carità che impedisce di dire a una maestrina quanto sia cretina, spiegandole che anche dietro l’apparente follia che porta certi neologismi sulle pagine del Treccani, del Devoto-Oli o dello Zingarelli c’è una ratio che ne spiega la fortuna nel nodo tra struttura e funzione. Nodo così stringente da consentire di trarne regola: più fortunato è un neologismo, meno si è in grado di risalire con certezza a chi labbia coniato.
Questo, sul cuore della questione. Su tutto quanto in questi giorni ha fatto bozzolo attorno la vicenda che lha sollevata, cè Parsifal che ha scritto un post nel quale leggo così nitidamente le mie stesse impressioni che riportarne qui i passi salienti mi risparmia altra fatica: «Un bambino si inventa la parola “petaloso”, per indicare un fiore che ha molti petali. È normale: i bambini, mentre imparano l’italiano (ammesso che lo facciano ancora), si inventano delle parole. La norma vorrebbe che gli insegnanti, con dolcezza, correggano questa tendenza e insegnino a riconoscere le parole “vere” da quelle inventate. La maestra del bimbo in questione, invece, evidentemente mossa da smania per i venti minuti di fama, nientepopodimeno scrive alla Crusca e sottopone la nuova parola alla sua attenzione. Siccome anche alla Crusca non sono più quelli di una volta, si prendono il tempo di rispondere. La parola è tecnicamente ben formata, dicono, e per entrare nel vocabolario basta che la usino in molti. A questo punto entra in gioco il terzo fesso, quello collettivo: l’utente Twitter, e in “centinaia” (ma presto saranno migliaia) stanno re-twittando “petaloso” per farlo diventare popolare» (*). 

mercoledì 24 febbraio 2016

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Esposto fuori dagli spazi adibiti allaffissione, mancante del bollo attestante il pagamento dellimposta comunale sulla pubblicità, insomma, abusivo pure il manifesto. Fin qui niente di strano, in fondo questo accade in una città di merda dove labusivismo è ampiamente tollerato. Da chi non si accontenta che venga tollerato, ma chiede addirittura che venga riconosciuto pienamente legittimo, per sanatoria generale, si può pretendere che per laffissione di un manifesto che lo reclama come diritto passi prima per lufficio tributi del comune e poi comunque non sia libero di appiccicarlo dove gli pare? Sarebbe un controsenso, via.
Bando allindignazione, dunque, che d’altronde in una città di merda ha sempre il molesto olezzo di giaggiolo e ciclamino, e lasciamo che lattenzione perda tensione morale. Guardiamo come è semplice rivoltare un termine irritante come «abusivi» in uno grazioso come «ivisuba»: cosa costerebbe allocadnis – pardon, al sindaco – una delibera che operi allo stesso modo? Vorrà mica costringerli allesasperazione? Ha visto quella freccia bella tosta opposta a quella tutta ammaccata che le si contrappone? 



martedì 23 febbraio 2016

Prosaici, ecco quello che siete!


Se succede qualcosa a Teresa, a Letizia continuerà ad essere impossibile farsi carico di Ernesto, ma in fondo chissà se poi davvero esistono, non è da escludere che ficcare una famiglia arcobaleno nel suo staff sia stata una trovata estemporanea, giusto per non sfigurare nel confronto con Cuperlo e Civati, come a dire: voi volete la stepchild adoption per motivi ideologici, io la voglio perché ho presa diretta sui problemi della gente, e li sento, e li faccio miei, il che, se permettete, segna una bella differenza tra le vostre algide teorie sui nuovi diritti civili e il mio sano pragmatismo che si nutre di empatia per le difficoltà che rendono difficile la vita al cittadino... Poi, via, voi due avete una coppia gay nei vostri staff? Ah, no? E come mai? Sarà mica che predicate bene e razzolate male?
Prevedo e anticipo lobiezione: ok, può darsi che Ernesto non esista, e non esistano nemmeno Letizia e Teresa, ma coppie gay nella loro condizione esistono, e sicuramente saranno deluse dallo stralcio della stepchild adoption dal ddl Cirinnà, è molto probabile che ora saranno incazzate nere per la promessa fatta da Renzi alle Primarie del 2013... Risposta: e sai quanto gliene può fottere. Dirà che lo stralcio è colpa dei grillini, che daltronde gli hanno offerto un assist eccezionale per trovare il modo di poter placare le minacce che salivano dalla piazza del Family Day, dare alla Cei quello che voleva, evitare una spaccatura in seno al Governo, tenere buona per un po Strasburgo... Par già di sentirlo, a cose fatte: signori, avrei tanto voluto far di più, ma non me lhanno lasciato fare, prendetevela con Grillo e Casaleggio. Però strizzando un occhio a chi la stepchild adoption proprio non la voleva, come a dire: ho manovrato da dio, via, non potete negarlo, e sappiate che lho fatto per voi, perché è solo insieme a voi che posso costruire il Grande Centro, il Partito della Nazione, insomma, chiamatelo come cazzo vi pare, ci siamo intesi.
Lopposizione interna? Prima me ne libero e meglio è, volesse il cielo che lo stralcio della stepchild adoption provocasse un altro strappo: mi darebbe modo di bollarla come massimalista, rimproverandole di aver puntato sui voti del M5S, e ora di voler sfogare su di me la frustrazione per aver beccato un due di picche. Anzi, sai che faccio? Sul ddl Cirinnà lavorato a misura di Alfano ci metto la pure la fiducia, così mi diverto a veder sguazzare nella bile chi diceva che senza ladozione del figliastro non lavrebbe mai votato.
Lelettorato del Pd? Non capisco quale sia il problema. In gran parte ci vota perché è fidelizzato: voterebbe qualsiasi Pd, basta dargli un programmino pieno di slogan, meglio se insieme roboanti e anodini, ambigui il necessario da non fargli storcere troppo il muso quando con le promesse mi ci pulirò il culo, se necessario. E poi cè tutto il corpaccione intermedio: quello continuerà a starmi dietro finché son forte, anzi, si ingrosserà sempre di più di Verdini grossi, medi e piccolini, dandomi modo di tessere una rete clientelare tanto capillare da poter controllare in tempo reale quanto mi renda ogni euro di spesa pubblica. No, lelettorato del Pd non è un problema: per dieci che non lo voteranno più, ne arriveranno quindici o venti da Forza Italia, e poi, parliamoci chiaro, perché Alfano annuncia che il Nuovo Centrodestra cambierà nome?
Con tutto quello che ho da fare perché questo possa realizzarsi, potevo consentire che una Cirinnà mi buttasse sabbia negli ingranaggi? Scalfarotto? Ma non diciamo cazzate: aprirà bocca solo per dire che un passo avanti è stato fatto, peccato non sia stato lungo quanto si volesse, e poi fare la foglia di fico gli piace da morire, figurarsi se molla. La Serracchiani? La Serracchiani, chi?
Ed Ernesto? Se a Teresa succede qualcosa? Madonna, quanto siete bischeri! Non vi si può raccontare niente, credete a tutto, non riuscite a cogliere la bellezza del momento narrativo senza pretendere che... Prosaici, ecco quello che siete!

domenica 21 febbraio 2016

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«Un applauso per lui!»

Nel corso della conferenza stampa tenutasi durante il volo di ritorno dal suo viaggio in Messico, Bergoglio si è intrattenuto pure sulla questione relativa agli abusi sessuali a danno di minori che in questultimo decennio sono stati una delle più pesanti accuse che lopinione pubblica di mezzo mondo ha mosso al clero cattolico, e loccasione è stata offerta dalla domanda rivoltagli da uno dei giornalisti al seguito, prendendo spunto dalla vicenda di padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, autore di una innumerevole serie di schifezze, coperte per decenni dalla protezione di Wojtyla, il santo.
Sul punto, la risposta di Bergoglio merita di essere riportata testualmente: «Qui mi permetto di rendere un omaggio all’uomo che ha lottato in un momento in cui non aveva forza per imporsi, finché è riuscito ad imporsi: Ratzinger. Il cardinale Ratzinger – un applauso per lui! – è un uomo che ha avuto tutta la documentazione [sul caso Maciel]. Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha avuto tutto nelle sue mani, ha fatto le indagini e è andato avanti, avanti, avanti… ma non è potuto andare più in là nell’esecuzione. [...] Vale a dire che è stato l’uomo coraggioso che ha aiutato tanti ad aprire questa porta. Così che voglio ricordarvelo, perché a volte ci dimentichiamo di questi lavori nascosti che sono stati quelli che hanno preparato le basi per scoperchiare la pentola».
Onestamente cè da rimanere sbigottiti dinanzi a tanta faccia tosta. La pentola si è scoperchiata per linteressamento di Ratzinger? Monsignor Carlos Talavera Ramírez, vescovo di Coatzacoalcos, sollecitò più volte lallora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede a mettere un freno agli abusi sessuali che padre Maciel andava consumando da decenni, ma solo per sentirsi dire: «Si tratta di materia molto delicata, dato che padre Maciel ha fatto molto per la Chiesa e in più è molto amico del papa» (il vescovo messicano lo riferì in unintervista, probabilmente per liberarsi da ogni responsabilità, subito severamente redarguito dalla Santa Sede, ma senza mai smentire il contenuto delle sue affermazioni). 
E vogliamo dimenticare come per analogo comportamento in relazione a un caso simile la Corte Distrettuale del Texas diede avvio ad una procedura di incriminazione per «obstruction of justice» a suo carico, bloccata solo dallelezione al pontificato? I «lavori nascosti» di Ratzinger erano tesi – appunto – a nascondere. Punto.

venerdì 19 febbraio 2016

Problemini sui fondamentali

«La Santa Sede non ha mai pubblicato testi che autorizzino le religiose a prendere anticoncezionali, anche se corrono il rischio di essere violentate», così monsignor Piero Pennacchini, vicedirettore della Sala Stampa Vaticana, il 5 marzo 1993. Era accaduto che un pretonzolo del Reggiano aveva accusato la Santa Sede di usare due pesi e due misure, col no alla pillola per le bosniache che in quei mesi venivano stuprate dai serbi, dopo aver consentito, anzi sollecitato, che ne facessero uso le suore a rischio di stupro nelle loro missioni dellAfrica sub-sahariana.
Era voce, questa, che circolava già da tempo. Impossibile dire se fosse voce attendibile, tanto meno se fosse vero, come si andava mormorando già da tempo, che la deroga allassoluto divieto della contraccezione estroprogestinica imposto con la Humanae vitae fosse stata concessa da Paolo VI in persona. Di fatto non esisteva alcun documento ufficiale che lo provasse. In quanto allenciclica, non dava adito ad alcun fraintendimento: «È esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né, a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà morale. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (14).
E allora che cazzo dice Bergoglio? Gli chiedono se, per far fronte al rischio posto in essere dal virus Zika, «la Chiesa può prendere in considerazione il concetto di “male minore”» e autorizzare alluso della pillola per evitare il ricorso allaborto. E cosa è capace di scacazzare? «L’aborto non è un “male minore”, è un crimine», e vabbè, siamo nel solco. Ma poi?
«Riguardo al “male minore”, evitare la gravidanza è un caso. Parliamo in termini di conflitto tra il quinto e il sesto comandamento. Paolo VI, il grande, in una situazione difficile, in Africa, ha permesso alle suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza. Non bisogna confondere il male di evitare la gravidanza, da solo, con l’aborto. L’aborto non è un problema teologico: è un problema umano, è un problema medico. Si uccide una persona per salvarne unaltra, nel migliore dei casi, o per passarsela bene. È contro il Giuramento di Ippocrate che i medici devono fare. È un male in se stesso, ma non è un male religioso, è un male umano. Ed evidentemente, siccome è un male umano, come ogni uccisione, è condannato. Invece, evitare la gravidanza non è un male assoluto, e in certi casi, come in quello che ho menzionato del Beato Paolo VI, era chiaro».
Chiaro, un cazzo. In un colpo solo si sputtanano Paolo VI e la dottrina. E questo, come per il dirsi non legittimato a giudicare chi commetta «atti intrinsecamente disordinati [e] contrari alla legge naturale» (Catechismo, 2357)come per il cazzotto che riteneva «naturale» tirare in faccia a chi gli toccasse la mamma, accade ancora una volta nel corso di un incontro con i giornalisti al seguito in uno dei suoi viaggi allestero, in volo. O quell’aereo ha problemini di pressurizzazione o li ha Bergoglio, e sui fondamentali.  

giovedì 18 febbraio 2016

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All’inizio di ogni discussione andrebbe preliminarmente trovato, fra quanti vi partecipano, un solido accordo sul significato dei termini cui prevedibilmente si ricorrerà più di frequente, cominciando dal trovare una definizione pienamente condivisa dell’oggetto sul quale ci si appresta a discutere: molto probabilmente alla fine della discussione ciascuno rimarrà della propria idea, ma le posizioni che si sono confrontate saranno a riparo da ogni possibile fraintendimento, rivelando la reale forza degli argomenti che le sostengono. Quasi sempre, invece, questo non accade.
(Si discute di Dio? Di quale Dio? Solitamente solo a discussione assai inoltrata si ha la sensazione di stare a perder tempo dietro un oggetto che cambia di continuo i suoi attributi, avendo dato per scontato fosse superfluo assegnargli un significato univoco. Per tacere dei casi, niente affatto rari, nei quali è proprio l’ambiguità dei termini impiegati a offrire il destro per la costruzione di paralogismi in cui il significato ad essi attribuito subisce patenti slittamenti da una premessa all’altra, per dar forza agli argomenti deboli o per sottrarne a quelli forti.)
Mi pare che questo sia il rischio nell’accettare una discussione sulla giustizia sociale nel modo in cui la propone Matthew Taylor nel video che apre questo post (qui nella versione originale sul canale Youtube di The Guardian, ma troverete un’edizione con sottotitoli in italiano su Internazionale). Cosa si intende per egualitarismo? Per meglio dire: come lo si ottiene? Eludere il punto rende infruttuosa, e perfino pericolosa, la discussione.
(A parte. La pagina di Internazionale ci informa che Matthew Taylor «è stato consigliere di Tony Blair quando era primo ministro del Regno Unito». Poco ascoltato, direi.)
 

mercoledì 17 febbraio 2016

Tutta ’sta flemma


Non ho mai acceso un Google Alert su Ettore Gotti Tedeschi, perciò da un po di tempo l’avevo perso di vista. Fatemi fare mente locale: dov’è che l’ho incrociato l’ultima volta? Ah, sì, è stato nella relazione che il Vaticano commissionò a uno psichiatra per accertare il suo stato di salute mentale. O era uno psicoterapeuta? Mah. Non rammento nel dettaglio quale fosse la diagnosi, però mi pare non lo si descrivesse in forma smagliante, diciamo. Se non erro, gli si attribuiva «un parziale scollamento dal piano di realtà assimilabile a una disfunzione psicopatologica nota come accidia sociale”», che si manifesterebbe come «passione dellindifferenza». Cazzate. Per meglio dire: ammesso che allora fosse una diagnosi seria, oggi direi sia in ottima forma. Più di Ernesto Galli della Loggia, in ogni caso. E certamente più di Giuliano Ferrara, anche se poi lì non è che ci voglia molto. Su il Giornale di martedì 16 febbraio Ettore Gotti Tedeschi ci offre una riflessione sullo stesso tema trattato dai due nei giorni precedenti (Corriere della Sera, 13.2.2016; Il Foglio, 15.2.2016) – e la morale cattolica non conta più cazzo, e il mondo va a rotoli, e finirà che ci accoppieremo con le scimmie e coi cammelli – ma con una tal flemma... Ecco, finirà che tutta ’sta flemma gli procurerà unaltra diagnosi di disfunzione psicopatologica. Peccato, perché a pelle poi mi sta simpatico, ma pure lui però, che cazzo, dovrebbe sapere che certi valori si difendono schiumando bava e con gli occhi accesi di brace. 


martedì 16 febbraio 2016

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Lho scritto a caldo, dieci giorni fa: non sapremo mai la verità sulla morte di Giulio Regeni, che tuttavia puzza moltissimo di operazione tesa a incrinare le buone relazioni di interscambio tra Italia ed Egitto, destinate a rafforzarsi ancor di più dopo la scoperta da parte dellEni dellenorme giacimento di Zohr, a scapito della Francia, soprattutto, ma anche del Regno Unito, con notevoli ripercussioni sulle loro economie interne. Fosse stato eliminato dalla polizia o dai servizi segreti egiziani, il suo corpo non sarebbe mai stato ritrovato: partivo da questo solo dato per formulare lipotesi, che ora vedo diventare una pista battuta pure da chi investiga sul caso (ne davano notizia, stamane, Fiorella Sarzanini per il Corriere della Sera e Carlo Bonino per la Repubblica). Questo mi fa osare un altro azzardo: dal trattamento subìto da Regeni penserei a una cellula della Dgse (Direction générale de la sécurité extérieure).

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«Santità, fa niente, ormai è acqua passata»


Ovunque arrivano, srotolano una pergamena e ad alta voce leggono:

«Da parte del re, don Ferdinando, e di sua figlia, donna Giovanna, regina di Castiglia e Leon, soggiogatori di popoli barbari, noi, loro servi, vi notifichiamo e vi facciamo sapere, come meglio possiamo, che Dio nostro Signore, uno ed eterno, creò il cielo e la terra, e un uomo e una donna dei quali noi e voi e tutti gli uomini del mondo furono e siamo discendenti e procreati, e tutti quelli che verranno dopo di noi. Ma per la moltitudine della generazione che da questi è uscita da cinquemila anni e ancora più da che il mondo fu creato, è stato necessario che alcuni esseri umani se ne andassero da una parte e altri dallaltra, e si dividessero in molti regni e province, poiché in una sola non potevano sostenersi e conservarsi. Da queste genti Dio, nostro Signore, diede l’incarico a uno, che fu chiamato San Pietro, che fosse il signore di tutti gli uomini e il superiore di tutti quelli che gli obbedissero, e fosse capo di tutto il genere umano, ovunque gli esseri umani si trovassero in qualunque legge, setta o credenza; e gli diede tutto il mondo come suo regno e giurisdizione, e secondo la sua volontà egli stabilì che la sua sede fosse posta a Roma, in quanto luogo più adatto a governare tutte le genti, cristiani, musulmani, ebrei, pagani o di qualsiasi altra setta o credenza fossero. Egli fu chiamato Papa, che significa ammirabile padre, superiore e governatore di tutti gli esseri umani. A questo San Pietro fu tributata lobbedienza e il rispetto come a signore, re e superiore dell’universo da quelli che vivevano in quel tempo, e così fecero nei confronti degli altri che dopo di lui furono eletti al pontificato, e così si è continuato fino ad ora, e si continuerà finché finisca il mondo. Uno dei pontefici passati, che al posto di questo successe in quella dignità e sede che ho detto, in quanto signore del mondo, fece dono di queste isole e terraferma del mare Oceano ai detti re e regina e ai loro successori in questi regni, con tutto ciò che c’è in essi, come è contenuto in certi scritti che furono stabiliti su ciò, come è stato detto, che potrete vedere se vorrete. Così le loro maestà sono re e signori di queste isole e terraferma in virtù della suddetta donazione; e alcune altre isole e quasi tutte cui questo è stato notificato hanno ricevuto le loro maestà come tali re e signori, e li hanno serviti e li servono come devono fare dei sudditi, e con buono volontà e senza alcuna resistenza, e poi senza dilazione, appena furono informati delle cose suddette, obbedirono e ricevettero gli uomini religiosi che le Loro Altezze inviavano loro perché predicassero e insegnassero la nostra santa Fede, e tutti loro, di loro libera e spontanea volontà, senza alcun premio né condizione, sono diventati cristiani e continuano ad esserlo, e le Loro Maestà li ricevettero lietamente e benignamente, e comandarono di trattarli esattamente come gli altri sudditi e vassalli; e voi siete tenuti e obbligati a fare la stessa cosa. Quindi, come meglio possiamo, vi preghiamo e vi chiediamo che intendiate bene ciò che vi abbiamo detto, e che per intenderlo e deliberarvi vi prendiate il tempo che fosse giusto, e riconosciate la Chiesa come signora e entità suprema dell’universo, e il sommo Pontefice, chiamato Papa in suo nome, e il re e la regina donna Giovanna, nostri signori, in suo luogo, come superiori e re di queste isole e terraferma, in virtù della suddetta donazione, e che consentiate e diate modo che questi padri religiosi vi dichiarino e predichino il suddetto. Se farete questo, e tutto ciò cui voi siete tenuti e obbligati, farete bene, e le Loro Altezze, e noi in loro nome, vi riceveremo con tutto l’amore e la carità, e vi lasceremo le vostre moglie e i vostri figli, e le fattorie libere e senza vincolo di servitù, perché di queste e di voi stessi voi facciate liberamente quello che vogliate e riteniate bene: non vi obbligheremo a farvi cristiani, se non nel caso che voi, informati della verità, vogliate convertirvi alla nostra santa Fede cattolica, come hanno fatto quasi tutti gli abitanti delle altre isole, e oltre a ciò le Loro Maestà vi concederanno privilegi ed esenzioni, e vi faranno molti doni. Ma se voi non faceste ciò, o in ciò voi interponeste maliziosamente delle dilazioni, vi faccio sapere che con l’aiuto di Dio noi entreremo potentemente contro di voi, e vi faremo guerra da tutte le parti e i modi che potremo, e vi assoggetteremo al giogo e all’obbedienza della Chiesa e delle Loro Maestà, e prenderemo le vostre persone, e le vostre mogli e i vostri figli e li faremo schiavi, e come tali li venderemo e disporremo di loro come le Loro Maestà comanderanno, e vi prenderemo i vostri beni, e vi faremo tutti i mali e i danni che potremo, come si fa ai vassalli che non obbediscono, né vogliono ricevere i propri signori e oppongono loro resistenza e disobbedienza; e dichiariamo che le morti e i danni che faranno seguito a ciò saranno attribuiti alla vostra colpa e non alle Loro Maestà, né a noi, né a questi signori che vengono con noi. E chiediamo al presente notaio che ci dia un certificato firmato di ciò che diciamo e richiediamo, e preghiamo i presenti che siano testimoni».

Il testo è stato scritto da Juan López de Palacios Rubios e naturalmente ha avuto l’approvazione papale. Non incontra entusiasmo, diciamo, e allora inizia il massacro. Cifre ballerine, in ogni caso non meno di 800.000 indios vengono sterminati in poco più di un ventennio. Robe che al confronto l’Isis è una banda di sfessati.
Meno male che 500 anni dopo arriva Bergoglio e chiede scusa: «Scusate se siete stati esclusi e incompresi». Mica squartati e bruciati: esclusi e incompresi. Ma è il caso di star lì a fare i pignoli? L’importante è il pensiero.
Doveroso un «Santità, fa niente, ormai è acqua passata», sennò l’indios rimedia la figuraccia del rancoroso e si becca la brutta reputazione di cristianofobico.  

lunedì 15 febbraio 2016

Dice: vabbè, però

Non date retta a chi vi dice che con letà simpara a tollerare tutto. Non so quanto possa valere in generale, ma direi che accada proprio il contrario, e non parlo per me solo, perché pure in molti miei coetanei, conoscenti e amici, scopro tratti di rigida inclemenza, spazientita insofferenza, ipersensibile tigna, alle quali manca solo la sventatezza della gioventù per appiccare fuochi e scatenare risse. Date retta a me: più si va avanti negli anni, meno si tollera. Sembra tolleranza, ma è stanchezza. La voglia di sfregiare con un coccio di bottiglia chi ti sta sul cazzo è intatta, ma la fiacca ti scoraggia, l’impeto che avrebbe dovuto farti gonfiare il petto riesce solo a farti fare spallucce, e chi ti osserva fraintende: «L’età lo ha reso conciliante – pensa – e quello che un tempo gli avrebbe fatto commettere un omicidio, guarda, ora gli dona quell’adorabile ironia». Stronzo. Non ha capito niente.
Ma che volevo dire? Ah, ecco, quasi dimenticavo. Volevo dire: passi che un giornalista raccolga in un volume i propri articoli invece di lasciarlo fare ai posteri, nel caso, ma quello che firma articoli che sono stralci tratti da un suo volume? Madame Bovary e I fratelli Karamazov furono dapprima pubblicati a puntate sulle pagine di un quotidiano, poi raccolte in un volume: non sarebbe stato ridicolo accadesse il contrario? E parliamo di Flaubert e Dostoevski, di due capolavori della letteratura dogni tempo, ma che dire di Filippo Facci che da quattro o cinque settimane firma per Libero degli articoli che sono dei copia-incolla dei capitoli del suo Misteri per orchestra (Mondadori, 2011)?
Dice: vabbè, però alla serie è dato il titolo del libro. E chi lo sa che è il titolo del libro? Al lettore non lo si è detto, né alla pubblicazione del primo degli articoli, né a quella dei successivi. Dice: vabbè, ma questo non può essere che un pretesto, dicci cosè che ti ha fatto girare i coglioni; e poi perché venircelo a dire solo adesso? Perché ha twittato il link alla pagina di Dagospia che riportava il testo del suo articolo pubblicato su Libero? Ti sta sul cazzo Libero? Ti sta sul cazzo Dagospia? Ti sta sul cazzo chi da Twitter rimanda a ciò che ha scritto altrove? Un po, un po e un po’, ma, più di tutto, il fatto che stavolta l’articolo era il copia-incolla delle cazzate scritte su Wagner: avevo letto il libro – trovato su una bancarella di libri invenduti a un euro e cinquanta – e rileggere quel capitolo su Libero mi ha fatto venire leczema scrotale.
Wagner era persona detestabile, e Facci non ne fa mistero, anzi, riporta in sintesi assai brillante, grano dopo grano, tutto il rosario della sua carriera da mascalzone patentato, però con palpitante simpatia per le sue sconce malefatte. Tutto già noto dai tempi in cui fu pubblicata la monumentale biografia di Robert W. Gutman (Richard Wagner – The Man, His Mind, and His Music – 1968), sicché non si capisce che senso avesse aprire Misteri per orchestra scrivendo: «Questo libro è frutto di ricerche personali e di qualche viaggio».
Dice: vabbè, però devesserci dellaltro, è Facci che ti sta sul cazzo? Tuttaltro. Mi piace la sua scrittura, mi piace il suo caratterino, mi piace la sua pettinatura... No, sul cazzo mi stanno Wagner e tutti wagneriani. Musica scritta per lo stomaco, che ormai dovrebbe avere mero valore storico-documentale. In un secolo dallaria greve per il continuo ruttare dello Spirito quella di Wagner era lequivalente della nostra musica da ascensore. Merda, Wagner è merda. E vedere gente che ancora si diverte a metterci le mani dentro per farci pupazzetti in cui insufflare i propri tiramenti esistenziali – ma quale tolleranza, ma quale amabile ironia?

Dal vano della pompa al vostro piatto

È ormai da qualche anno che rinuncio a postare su queste pagine tutto ciò che scrivo e uno dei fattori che condannano un post alla cartella degli inediti – uno, e non è il prevalente – attiene a un difetto della mia scrittura – uno, e non è il peggiore – che è quel farmi un po troppo prendere la mano dall’analogia, dalla metafora e dall’allegoria, che talvolta mi pare fallisca clamorosamente il fine, appesantendo notevolmente il testo. A mo’ d’esempio, ripesco dalla cartella degli inediti, in cui l’avevo riposto sabato sera, il commento a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia (Il fronte unico dei modernistiCorriere della Sera, 13.2.2016), riportandone solo l’incipit, che mi pare possa bastare a dare un’idea di quanto ho fin qui cercato di spiegare.
«Metter mano a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia è seccante quanto rimuovere i detriti che intasano il filtro della pompa di scarico di una lavastoviglie, dove alla pazienza richiesta dallo smontaggio e dal rimontaggio delle parti del dispositivo, di solito alloggiato in un recesso tanto angusto da rendere scomodissima loperazione, deve aggiungersi il non esser troppo schifiltosi con quel vischioso materiale che resiste anche al frequente impiego degli sgrassanti raccomandati per unaccorta manutenzione dellelettrodomestico, anche di quelli reclamizzati come i più drastici. Un lavoraccio, e tuttavia a qualcuno tocca. Eccomi allora a ficcar le dita nella maleodorante mucillagine che oggi ingombra il vano della pompa...».
Certo che abbiate colto il doppio senso dato a vano e a pompa per dire della vuota boria traboccante dalleditoriale, vi risparmio il resto, e vengo alla ragione che oggi mi ha mosso al ripescaggio: coi rimasugli del rancido e del muffito che intasava la griglia del filtro, la ventola e il tubo di deflusso, Giuliano Ferrara pensa di poterci cucinare roba da farci leccare i baffi.
«Ernesto Galli della Loggia fa resistenza. Ammirevole. Denuncia nel Corriere il conformismo modernista. Osteggia la parzialità facilista dei media e dei conduttori televisivi. Sostiene che una parte degli italiani, sul tema delle unioni civili, dell’adozione dei bambini, della fecondazione eterologa, e su tutto il resto delle questioni etiche maggiori, non è rappresentata e inclusa nella discussione pubblica. Anzi è censurata. Derisa. È a rischio populismo, costretta com’è a vivere nel disprezzo delle élites, del pensiero dominante, mainstream».
Di chi, la colpa? Del papato di Bergoglio, col quale sono andati a farsi fottere «quasi trent’anni di combattività cristiana in occidente, in particolare idee e canoni plurisecolari sui temi della vita, delle scelte di responsabilità nella cellula sociale che è stata la famiglia, del tough love, dell’amore come testimonianza adamantina di fiducia nel futuro, in un’idea di umanità non astratta, non desiderante, non impiccata alla logica esaltante e ruffiana dei “diritti”. Una lunga guerra culturale, che era di interesse primario anche per posizioni laiche non secolariste, è finita: ed è finita con la resa».
Stessa fetida gromma, però inondata di spezie e leziosamente guarnita. Ma qui, volendo scendere nel dettaglio, il rischio sarebbe ancora quello di cedere alleccesso di analogia, metafora e allegoria. Stop, mi taccio.

domenica 14 febbraio 2016

Breve, ma densa


Breve, ma densa, come daltronde si conviene a un Capricorno con Mercurio in Sagittario e Marte in Toro, la lettura dell’odierno scenario politico italiano che Nicola Cosentino ha nei giorni scorsi affidato nel carcere di Terni al senatore Vincenzo DAnna, perché Fabrizio DEsposito potesse offrircela ieri dalle pagine de Il Fatto Quotidiano: dinanzi allacutezza della diagnosi e allattendibilità della prognosi, passa in secondordine se Nick o Mericano sia davvero «il referente nazionale delle cosche casalesi», come sostengono i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, o invece «il nuovo Enzo Tortora», come ritengono i fracassoni di Via di Torre Argentina.
«Per come li abbiamo vissuti noi per vent’anni – dice Cosentino – centrosinistra e centrodestra non esisteranno più. E un polo moderato con a capo un giovane premier come Renzi non è del tutto sbagliato. È una buona idea. Anche perché nel Pd la convivenza tra renziani e minoranza sarà sempre più inconciliabile e la sinistra interna andrà via»; e qui è impossibile che il senatore DAnna non ci abbia messo a sigillo un bel «suca!» dei suoi, ma DEsposito, che da Antonio Polito si è beccato lenglishlha certamente espunto.
Miglior sintesi non si poteva dare del nascituro blocco sociale: ancor più che Partito della Nazione, Polo Moderato. D’altra parte ormai sappiano: due buchi neri fanno vortice, finché l’uno mangia l’altro, e quel che resta mangia il resto.   

venerdì 12 febbraio 2016

Giornata dell’Eufemismo

Il vescovo non riveste la qualifica di pubblico ufficiale, né di incaricato di pubblico servizio, dunque non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria le notizie che abbia ricevuto in merito allabuso sessuale di bambini da parte di sacerdoti. Così spiegava, il cardinale Angelo Bagnasco, il 29 marzo 2014, a commento delle linee guida licenziate il giorno prima dalla Santa Sede nel tentativo di arginare lendemico fenomeno della pedofilia del clero cattolico: una spruzzatina di lavanda su una fogna ormai a cielo aperto.
Come passa in fretta, il tempo. Da quando non era neppure un pubblico ufficiale, oggi Sua Eminenza detta regole alla Presidenza del Senato: gli sta a cuore lo sviluppo emotivo del bambino, vuole il voto segreto sulla stepchild adoption. Gli si dovrebbe urlare in faccia che è una merda duomo, ma la sua sortita cade nella Giornata dellEufemismo, e allora, via, accontentiamoci di sussurrargli: «Eminenza, guardi che questa è gamba tesa». 

mercoledì 10 febbraio 2016

Giacché Giulio Mozzi solleva obiezione al riguardo

Una dozzina di giorni fa, su queste pagine, ho scritto che trovavo «una sintetica ma esaustiva sinossi della dottrina morale della Chiesa su quanto attiene a sesso, procreazione, matrimonio e famiglia» nel «combinato disposto» di una frase di don Luigi Giussani contenuta ne Il movimento di Comunione e liberazione (Jaka Book, 1987) e di un passaggio tratto dallintervento di Massimo Gandolfini al Family Day dello scorso 30 gennaio. Giacché Giulio Mozzi solleva obiezione al riguardo, trovando che «Giussani e Gandolfini espongano una dottrina piuttosto diversa da quella che si ritrova nel Catechismo», ritengo che per respingerla argomentando nel dettaglio non sia superfluo riproporre i due brani: «La realtà del rapporto uomo-donna trova compimento nell’esperienza coniugale e ha sostanziale funzione di arricchire di figli la Chiesa» (Giussani); «Il sesso non è il piacere sessuale. Il sesso è la procreazione, è la trasmissione della vita. Il sesso ci fa partecipi dellopera creatrice di Dio» (Gandolfini).
In via preliminare, vorrei far presente che in entrambi i casi non ci troviamo dinanzi a parole in libertà, ma a frasi che anche nella forma riproducono fedelmente degli importanti assunti dottrinari.
Nel caso di Giussani, riguardo al compimento che il rapporto uomo-donna potrebbe trovare solo dellesperienza coniugale, c’è esplicito riferimento a una dozzina di paragrafi del Catechismo (1612-1617; 1652; 2360-2363; 2390), con tutto quanto ne consegue per definire vero matrimonio solo quello che è sacramento, e cioè celebrato con rito religioso; in quanto alla sua «sostanziale funzione di arricchire di figli la Chiesa», siamo a un modo un po spiccio di sintetizzare il paragrafo n. 5 della Familiaris consortio («Nel matrimonio e nella famiglia si costituisce un complesso di relazioni interpersonali – nuzialità, paternità-maternità, filiazione, fraternità – mediante le quali ogni persona umana è introdotta nella famiglia umana e nella famiglia di Dio, che è la Chiesa. Il matrimonio e la famiglia cristiani edificano la Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona umana non solo viene generata e progressivamente introdotta, mediante leducazione, nella comunità umana, ma mediante la rigenerazione del battesimo e leducazione alla fede, essa viene introdotta anche nella famiglia di Dio, che è la Chiesa»).
Nel caso di Gandolfini, invece, troviamo organicamente strutturati: «Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione» (Catechismo, 2351); «Gli sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio» (Catechismo, 2367).
Cosa resta fuori, di grazia, della dottrina morale della Chiesa su quanto attiene a sesso, procreazione, matrimonio e famiglia? Il sesso deve essere in funzione alla riproduzione, sennò è lussuria, e cioè peccato mortale. La riproduzione è un dovere degli sposi, perché così Dio vuole. Il matrimonio è veramente tale solo se si incardina nella vita della Chiesa come sacramento. La famiglia è veramente tale solo se è esercizio di Chiesa domestica, cinghia di trasmissione della fede di generazione in generazione.
Ho detto che è sinossi sintetica, ma non è esaustiva? Mi pare manchi solo qualche dettagliuzzo tutto sommato irrilevante, chessò, lobbligo di battezzare la prole, mandarla ai corsi parrocchiali per la prima comunione e la cresima, e la raccomandazione di non far troppo casino se poi il prete ne abusa sessualmente.
Nel rilievo che Giulio Mozzi mi muove, però, cè un ben preciso rimando a qualcosa che dovrebbe (non potrebbe non) costringermi a rivedere il mio giudizio: «A me pare che Giussani e Gandolfini espongano una dottrina piuttosto diversa da quella che si ritrova nel Catechismo attuale (e sottolineo attuale). Anche ciò che si legge al punto 1652, e che con un po di sforzo si potrebbe far echeggiare, mi pare che in realtà dica tuttaltro)». E che cè scritto? Leggiamo, va.
«Per sua indole naturale, listituto stesso del matrimonio e lamore coniugale sono ordinati alla procreazione e alleducazione della prole e in queste trovano il loro coronamento». Io ci leggo un po dincongruo tra «indole naturale» e «istituto», ma non voglio fare troppo il pignolo, via: può darsi che con «istituto» non si voglia intendere un costrutto che ritaglia un profilo comportamentale nella «natura» per inverarlo nella storia, perciò togliendogli «naturalezza»: chiudo un occhio e faccio finta di aver letto «sacramento». Poi?
«I figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori. Lo stesso Dio che disse: Non è bene che luomo sia solo (Gn 2, 18) e che creò allinizio luomo maschio e femmina (Mt 19, 4), volendo comunicare alluomo una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse luomo e la donna, dicendo loro: Crescete e moltiplicatevi (Gn 1, 28). Di conseguenza la vera pratica dellamore coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce, senza posporre gli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i coniugi, con fortezza danimo, siano disposti a cooperare con lamore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia». Una efficace indoratura della pillola, senza dubbio, ma in cosa sarebbero smentiti Giussani e Gandolfini?