martedì 12 gennaio 2016

«Può accadere qualcosa di straordinario»

Nell’edizione cartacea dell’intervista che Gennaro Nunziante ha concesso a Luca Telese (Libero, 11.1.2016) va perso un passaggio che invece è riportato in quella on line, e sul quale credo sia interessante soffermarci.
«“Sole a catinelle” – dice Nunziante – era, sotto l’apparenza giocosa, un film sulla crisi. “Quo vado?” è un film sulla terribile condizione di questo tempo, vivere con la precarietà».
«Cioè?», chiede Telese.
Nunziante dice: «Guardare il futuro provando paura. Una condizione che ti paralizza e che scatena i lati peggiori degli umani. L’imprenditore vede come minaccia il suo dipendente invece che considerarlo una risorsa, il dipendente che non prova attaccamento per la sua azienda, l’imprenditore che cerca di speculare il più possibile, il lavoratore che non s’impegna nel lavoro perché avverte l’imprenditore come uno speculatore».
«E cosa può accadere con questo scenario?», chiede Telese.
«Può accadere qualcosa di straordinario – risponde Nunziante – se parte una stagione riconciliante. In questo senso la politica deve mostrarsi illuminante, dialogando con le parti, tutte le parti, altrimenti non si va da nessuna parte».

È da rilevare che nell’edizione cartacea compare, invece, un passaggio che è assente in quella on line: «Non puoi far passare il mercato del lavoro da ipergarantito a iperselvaggio, dalla mattina alla sera – dice Nunziante – Servono tutele, garanzie, non puoi lasciare la gente nel nulla e dirle: “Arrangiati!”».
Tralasciando le ragioni che possano spiegare la differenza tra le due edizioni, c’è da supporre che i due passaggi vadano integrati, con ciò ricomponendo quello che a pieno diritto può dirsi un manifesto politico. Ed è qui che trovo conferma di quella «insana aspirazione a farsi Partito della Nazione» (Malvino, 1.1.2016) che nel «fenomeno Zalone» a me pare più che evidente.

La «riconciliazione» è intesa come sospensione della dialettica dei conflitti sociali, come reductio ad un unum delle partes che giocoforza non possono esprimere altro che interessi contrapposti, con la conseguente omogeneizzazione dei partiti su un progetto senza alternative, sostanzialmente di tipo organicistico. È il ritorno al corporativismo, ma ovviamente in versione light, col tanto di vago che lasci nel dubbio se lintenzione sia quella di andare a pescare nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa o nella Carta del Lavoro del 1927. 
So che solleverò perplessità con quanto dico: credo che siamo dinanzi al progetto di blocco sociale che abortì in mano a Silvio Berlusconi, ma che, con la dovuta operazione di restyling, è riproposto da Matteo Renzi. Con maggiori possibilità di buona riuscita, occorre dire, perché stavolta il paternalismo è assai meno arcigno: «Noi vorremo dire, anche attraverso la maschera beffarda di Checco, che non puoi colpire i più deboli».
Si dia inizio, ordunque, alla «stagione riconciliante»: promettano di non rompere il cazzo e chi di dovere riuscirà a mostrarsi «illuminante». (Qui, forse, Nunziante intendeva dire «illuminato», ma Checco ha preso il sopravvento.) 

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