domenica 21 giugno 2015

«Le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola»

Dalla eNEWS 394 del 20 giugno 2015 (www.matteorenzi.it):


Assumendo che «modello organizzative» sia un refuso dovuto al fatto che la newsletter sia stata scritta di getto, vediamo se il testo possa rivelarci qualcosa della logica che informa questennesima mascalzonata dello zotico che siede a Palazzo Chigi.
Come dimostra il fatto che è quanto le agenzie di stampa ne hanno estratto per far sintesi, tutto ruota attorno all’affermazione che «le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola»: questo è quanto dovrebbe legare in modo indissolubile il regolarizzare la precaria condizione di 100.701 insegnanti a quella «diversa organizzazione» della scuola che dovrebbe essere attuata senza troppe discussioni. In sostanza: se non si procedesse all’approvazione della riforma così come la vuole Matteo Renzi, i precari potrebbero rimanere precari, senza alcun problema, né per loro, né per la scuola in generale.
Sta di fatto, invece, che essi già siano impiegati come corpo docente, e che sia proprio la loro condizione di precarietà a costituire un problema, per se stessi e per la scuola in generale: la loro assunzione è necessaria a prescindere da qualsivoglia «diversa organizzazione» si dia alla scuola. Di più, è necessaria anche volendo lasciare la scuola così com’è, e per la semplice ragione, più volte richiamata dalla giurisdizione nazionale e da quella sovranazionale, che non è lecito tenere in condizioni di precarietà dei lavoratori che in molti casi sono impiegati da decenni a far fronte alle esigenze di un’istituzione pubblica.
È perciò evidente la natura strumentale del nesso di necessità che viene surrettiziamente evocato tra la loro assunzione e l’approvazione di una riforma della scuola che debba essere in tutto e per tutto come la vuole Matteo Renzi, sicché assume valenza di vera e propria offesa dare ad intendere che assumerli comunque sarebbe come beneficarli di un «ammortizzatore sociale».
L’affermazione che «investire sui docenti serve a migliorare la qualità educativa per i nostri figli, non ad accontentare qualcuno», dunque, va ribaltata: giacché è del tutto opinabile che la riforma voluta da Matteo Renzi possa effettivamente «migliorare la qualità educativa per i nostri figli», non è ammissibile che l’assunzione dei precari sia posta a condizione di accontentare lui, approvandola.
È per questo che suona altrettanto offensivo quel «noi mettiamo i soldi»: si tratta di denaro pubblico, non di soldi che Matteo Renzi caccia di tasca sua, potendone così disporre a piacimento per comprarsi la realtà scolastica che più gli piaccia.
A parte, poi, varrebbe la pena di discutere dell’«autonomia» sulla quale sarebbe «basata» la «diversa organizzazione» della scuola voluta da Matteo Renzi, ma questo ci impegnerebbe a lungo sul merito della riforma, che in realtà non dà alcuna autonomia a quanti a vario titolo sono attori del processo educativo, limitandosi a piramidalizzarne le competenze in una logica che risponde alle esigenze di un mestierificio.

7 commenti:

  1. ieri l'ha messa giu' ancora meglio: "assunzioni solo se passa tutta la riforma", ormai non e' che e' borderline, e' che si aggrappa disperatamente alla patologia come a una coperta di linus

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  2. Semplice: trattasi di ricatto. Di sporco, squallido, infantile ricatto.
    Così come sporca, squallida, infantile, irresponsabile, estremamente nociva è tutta la politica dello squallido soggetto in questione.
    Questa la mia rozza sintesi.
    Ottima invece, e assai condivisibile, l'analisi offerta dal post.

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  3. Premesso che queste parole del Matteo nazionale assomigliano molto a 'se quello non era gol, allora vado a casa portando via il pallone' io non sgancerei una dracma per l'attuale corpo docente.
    Gli attuali precari servono a coprire i docenti di ruolo dopo vent'anni di graduatoria che si sono scoperti necessitare lunghe cure di mesi in località marittime. Oppure docenti di 'inglese' con l'accento di Frosinone. O insegnanti di 'sostegno' che di fronte a un dislessico pensano si tratti un fruttariano.
    C'è una bella fetta di insegnanti nostrani non che si sono necessariamente fatti un mazzo tanto, ma semplicemente che ritengono l'insegnamento la missione della vita, mettendoci l'anima. Peccato che come spesso accade qui, appena si tocca una corda diventano corporativisti da far schifo pure loro.
    Io non so se sia meglio lo schifo attuale oppure il preside-manager-senza-rischio della 'buona scuola', lo dico in tutta onestà. Però a un corpo docente che boicotta i test di rendimento che nel resto d'Europa fanno senza fiatare al massimo offrirei un caffè al mese.

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    1. beh, leggendo questo intervento si capisce perché Renzi può permettersi di fare e dire quello che vuole. Trenta anni di disinformazione di regime non sono evidentemente passati invano. C'è una parte cospicua del paese che è stata indotta a considerare gli insegnanti come dei nemici. Renzi, al quale non frega niente, non dico della scuola che sarebbe ovvio, ma neanche della propria riforma, intende semplicemente intercettare l' odio verso la categoria. Ha ragionato in questo modo: io voglio accaparrarmi i voti di destra, a destra odiano gli insegnanti dunque devo bastonarli almeno un po'. Tutto qui. Mi perdoni: lei non sa di cosa sta parlando. I precari servono semplicemente per coprire le cattedre vuote. Punto. Cosa c' entrano le località marittime e l' accento di Frosinone ?

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    2. Infatti se c'è qualcuno indegno di essere assunto, lo è a prescindere dal resto della riforma. Visto che non mi risulta che questo sia un punto affrontato seriamente dal governo, direi che tutta la tirata suona davvero come un ricatto. E mentre sono d'accordo sul corporativismo, l'inamovibilità e il resto, direi che il cenno ai test è infelice. In realtà sono sempre stati fatti. Quest'anno sono rientrati nell'economia dello scontro, com'è prevedibile che sia in questi casi. Ma basta essere un po' dentro alla scuola per capire che l'opposizione agli invalsi è genuina e perlopiù dovuta alla loro ridicola realizzazione; non sono visti come una minaccia (ci vuole davvero poco a falsarli). È che nemmeno Renzi (ma del resto è in buona compagnia) ha la faccia di annunciare, e il fegato di mettere in pratica, l'unica vera riforma necessaria e fondamentale: chi è inadeguato deve cambiare aria.

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    3. @Gaspare
      mia madre era insegnante elementare. Per almeno una quindicina d'anni mi sono sentito una tonnellata di lamentele ogni sera. Lei era una di quelle che passava le giornate a correggere compiti, fare programmazione, e cucinava delle cene di merda perchè era sempre al telefono con la preside o col genitore di turno che chiedeva come mai il figlio avesse preso solo buono- in storia.
      Si lamentava sì del ministero (ci metta il colore che vuole, anche perchè era il passaggio prima-seconda Repubblica con annessi e connessi, dalla DC al PD), si lamentava dei genitori testedicazzo, ma soprattutto di parecchi colleghi. Ogni anno, ed era una scuola di paese con una quindicina di insegnanti, arrivavano una o due provenienti da una qualche graduatoria in attesa da vent'anni che al massimo avevano collezionato due supplenze qua e là. Oppure insegnanti di inglese che ne sapevano meno dei bambini. O le prime insegnanti di informatica che non sapevano stampare un documento. O quella che veniva per una settimana, poi si metteva in malattia per il resto dell'anno scolastico. Supplenti che non dico i congiuntivi, ma avevano difficoltà a non parlare in dialetto.
      Sia chiaro, trattasi di mia esperienza empirica. Magari tutte le sfighe succedevano in quel paesino della Brianza mentre il resto delle scuole elementari d'Italia erano modelli di virtù e di efficienza. Ma non penso.
      Io non ce l'ho con gli insegnanti (povera mamma, dopo tutto), ce l'ho con un sistema che non riesce ad espellere la parte cattiva, ma livella l'eccellenza e l'infamia in un'unica mediocrità. E come ho scritto sopra, non so se la nuova riforma farà meglio, peggio o lo stesso dell'attuale, a occhio mi pare fatta pure coi piedi.

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  4. @Gaspare di girolamo
    Concordo in pieno.

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