mercoledì 18 dicembre 2013

Feluca praticamente uguale




Non so se ci avete fatto caso, ma tutti i matti che credono d’essere Napoleone si sentono a Sant’Elena. Naturalmente parliamo dei matti che vivono nelle barzellette, negli sketch, nelle vignette umoristiche, perché nella pratica psichiatrica è più unico che raro trovare un paranoico che creda d’essere Napoleone: mai a Marengo o in Egitto, mai a Desdra o a Ligny, il matto della storiella buffa è sempre un Napoleone a fine carriera, e probabilmente è proprio questo che produce l’effetto tragicomico voluto, perché il manicomio evoca sconfitta ed esilio, ancorché del senno. Così è con Giuliano Ferrara: anche lui, più che persona reale, ormai è una macchietta, e non sta tanto bene, e si sente Machiavelli. Il Machiavelli a fine corsa, quello cui la fortuna ha acciaccato tutti i Cesare Borgia dietro ai quali ha annaspato, quello che smania per rientrare in gioco, non importa se al servizio di Bergoglio o di Renzi, tanto fa lo stesso. È che Bergoglio non gli piace, e anche a sforzarsi di farselo piacere, non gli riesce. Renzi, poi, manco se lo caga. Peraltro s’è sparsa voce che accettare i suoi servigi porti male: a ogni consiglio omaggio che manda a un Principe, quello pensa a Craxi, a Berlusconi, a Ratzinger, e si tocca le palle.
Come il matto che si crede d’essere Napoleone solitamente sta dritto davanti alla finestra con le sbarre, una mano infilata tra i bottoni della giubba, sguardo perso verso un orizzonte che non va più in là del muro di cinta, così il povero Giuliano Ferrara si offre in posa da grande pensatore incompreso dai suoi contemporanei, e srotola il curriculum, se lo rimira, poi mestamente lo riarrotola e sfoga il suo umor nero perdendosi nei massimi sistemi, in primis la bioetica. Qui il parallelo col Grande Fiorentino cede, perché quello riempì pagine e pagine per separare la politica dalla morale, mentre qui il Grosso Testaccino sono anni che non smette di gonfiarci i coglioni nel tentativo di fare dell’aborto una questione squisitamente politica, anzi antropologica. Per il resto il parallelo tiene: stessa dolente disillusione, stesso ruminare sulla cecità del destino… Un assaggio?
«Sei anni dopo rifletto ad alta voce. La chiesa di Ratzinger e Ruini sembrava incoraggiarmi, in realtà mi lasciò discretamente solo nonostante tutti gli Evangelium vitae e altri pronunciamenti, nel quarantennale della Humanae vitae del coraggioso e abbandonato Paolo VI. Non mi lamentai delle porte chiuse delle sagrestie, quando presentai una lista pazza ma laica alle elezioni, di perfetto insuccesso, perfettamente incompresa e forse incomprensibile per l’opinione elettorale media, una lista contro Berlusconi mio amico sordo a certi discorsi, che mi aveva scongiurato di abbandonare quel tema divisivo, contro le femministe che venivano a tirare quintali di prezzemolo al Foglio, contro il mondo di celluloide della ricerca scientifica, contro la stragrande maggioranza dei cattolici…».
Via, non è straziante quasi come il prologo della Mandragola? «Se questa materia non è degna, per esser pur leggieri, d’un uom che voglia parer saggio e grave, scusatelo con questo, che s’ingegna con questi van pensieri fare el suo tristo tempo più suave, perch’altrove non have dove voltare el viso, ché gli è stato interciso mostrar con altre imprese altra virtue, non sendo premio alle fatiche sue».
Stessa differenza che c’è tra Napoleone e il matto che crede d’essere Napoleone, ma feluca praticamente uguale. 

3 commenti:

  1. "una lista pazza ma laica".
    Ossignùr.
    Sta malissimo, quel poveretto.
    Stia bene Lei, La prego.
    Ghino La Ganga

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  2. Ferrara. chi era costui ?

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