martedì 5 marzo 2013

Craze

Ho scritto che il leader carismatico risponde ad un bisogno che va dalla più bassa frustrazione dinanzi ad ostacoli che i suoi seguaci ritengono insormontabili alla più alata speranza che essi ripongono nell’essere il sale della terra e di essere destinati a fecondarla col meglio del loro meglio. Parlavo di Beppe Grillo, che di lì a poco avrebbe cominciato ad affermare che il M5S non fosse da intendere più come un movimento, ma come una comunità. Un motivo in più per fare a meno del termine antipolitica, che d’altronde è un assurdo, perché era finalmente chiaro che il leader carismatico del M5S chiamasse i suoi seguaci a darsi struttura organica e a farsi cosa prepolitica, nella quale, come è noto, gli individui sono chiamati a restare essenzialmente uniti nonostante i fattori che li separano, proprio al contrario di ciò che si realizza in un partito, dove invece gli individui rimangono essenzialmente separati nonostante ciò che li unisce (cfr. Ferdinand Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft).
A tal riguardo ho scritto che con ciò il grillismo assumeva i caratteri di una minaccia: fascismo allo stato nascente. Di lì a poco seguiva la dichiarazione dell’onorevole Roberta Lombardi, capogruppo del M5S alla Camera, che lodava il Manifesto fascista del 1919, dal quale ha attinto a piene mani pure Casa Pound Italia per il suo programma. Qui, con la dottrina sociale dello stato che è del fascismo quando ancora non si è fatto regime e con le analogie programmatiche tra M5S e Casa Pound Italia che sembrava dovessero trovare una piattaforma comune, mi pare possa chiudersi il cerchio.
Di fatto, le crisi producono miraggi di società e di stati organici. Cosa deve fare il leader carismatico che intenda produrre un miraggio del genere? Innanzitutto deve fanatizzare i suoi seguaci. «Il comportamento fanatico è semplicemente uno sfogo collettivo per lo scontento generale. Nella fase meno visibile, questo comportamento è fatto di speranza, fede, attesa e simili, che si originano dalla credenza in una particolare via di fuga dalle cause dello scontento. Nel loro aspetto palese, questo comportamento consiste in un’azione diretta su questa credenza» (Richard T. Lapiere, Collective Behavior).
Come? «Concentra la folla, che altrimenti sarebbe facilmente dissipata nell’attenzione e nello spazio. Aiuta, cioè, a polarizzare la massa. Dà un nome ai vaghi atteggiamenti e sentimenti della gente e offre loro dei simboli comunicati, che, ripetuti e diffusi, servono in seguito come motivi di stimolo ad agire. […] Utilizza credenze, miti, leggende e dà una interpretazione dei fatti per suscitare emozioni e provocare all’azione. […] Indica la direzione in cui deve orientarsi l’azione di massa, […] anche se in qualche caso preferisce lasciare questa responsabilità a un’altra persona» (Kimball Young, Social Psychology). Un comico, perché no?
«Il comportamento di chi si scatena clamorosamente verso qualcosa onde pensa ricavare piacere lo attribuiremo al craze. Questo comportamento, a prima vista contrario al panico, che implica una fuga precipitosa da qualcosa, non è al cento per cento il suo contrapposto. Formalmente è possibile analizzare il craze secondo lo stesso schema utilizzato per il panico: propensione, tensione, credenze generalizzate, fattori di precipitazione, ecc. In pratica, molti fatti che hanno come conseguenza il craze sono simili, se non identici, ai fatti che portano al panico. Inoltre non è raro vedere il panico accompagnato dal craze» (Neil J. Smelser, Theory of Collective Behavior).
Impossibile ogni previsione sul piano temporale, tanto meno sugli effetti di lunga durata che questa epidemia procurerà, ma landamento del fenomeno è noto: «Il decorso di ogni craze è segnato da certe fasi, che a volte si possono distinguere molto chiaramente e che seguono rigorosamente lo schema di una malattia a carattere epidemico. Prima di tutto si presenta un periodo di incubazione, durante il quale l’idea, benché presente nella mente di alcune persone, non tende a propagarsi. Segue una fase in cui l’idea si diffonde rapidamente. Il numero di persone che accettano l’idea aumenta così velocemente, da presentare talvolta un carattere quasi esplosivo. Appena il numero massimo delle persone influenzabili viene raggiunto, la velocità di diffusione dell’onda incomincia a diminuire. Questa è la terza fase. La quarta fase è caratterizzata dal formarsi di una resistenza all’idea, paragonabile all’immunità acquisita contro un’infezione. Durante questo periodo il craze decresce: nelle persone già colpite l’entusiasmo si indebolisce, mentre si verificano solo pochi casi nuovi. Se dura ancora, nella quinta e ultima fase, l’idea resta stazionaria o viene conglobata nelle usanze occasionali di molte persone o rimane fissa nella mente di alcuni entusiasti. In circostanze favorevoli, essa può rimanere per fiorire di nuovo in qualche epoca futura, quando l’immunità sia scomparsa» (Lionel S. Penrose, On the Objective Study of Crowd Behaviour). Senza dubbio, l’immunità dal fascismo era andata assai scemando in Italia, e da tempo. Cera bisogno solo di una crisi, ma di una crisi grossa, per risvegliare la spora.    

A parte
Analogo riferimento a una leadership carismatica che tenda a trasformare un movimento in una comunità è stato fatto più volte, su queste pagine, a Marco Pannella e ai suoi seguaci. Più che ovvia si pone la questione della sostanziale differenza tra la «cosa radicale» e il M5S, almeno per ciò che attiene agli epifenomeni storici, culturali e politici. Essa va riconosciuta nel diverso modello di comunità prepolitica e nei meccanismi che concorrono a determinare quella che in Kimball Young è definita «polarizzazione di massa». Dobbiamo servirci di ciò che Elias Canetti scrive in Masse und Macht riguardo a ciò che distingue una «massa aperta» da una «massa chiusa»: «Fenomeno enigmatico quanto universale è la massa che d’improvviso c’è là dove prima non c’era nulla. Potevano trovarsi insieme poche persone, cinque o dieci o dodici, non di più. Nulla si preannunciava, nulla era atteso. D’improvviso tutto nereggia di gente. Da ogni parte affluiscono altri; sembra che le strade abbiano una sola direzione. Molti non sanno cos’è accaduto, non sanno rispondere nulla alle domande; hanno fretta, però, di trovarsi là dove si trova la maggioranza. […] Ci saranno parecchie cose da dire sulla forma estrema della massa spontanea. Ove nasce, nel suo nucleo essenziale, essa non è così genuinamente spontanea come appare; ma per tutto il resto, se si prescinde dalle cinque o dieci o dodici persone da cui ha avuto origine, è spontanea davvero. Da quando esiste, vuol essere di più. La spinta a crescere è la prima e suprema caratteristica della massa. Essa vuole afferrare chiunque le sia raggiungibile. Chiunque si configuri come un essere umano può unirsi a lei». È quanto pare in corso. «In contrasto con la massa aperta, che può crescere all’infinito, si trova dovunque, e perciò appunto pretende interesse universale, si pone la massa chiusa. La massa chiusa rinuncia alla crescita e si preoccupa soprattutto della durata. Di essa spicca innanzitutto il confine. La massa chiusa si insedia. Nell’atto in cui si confina, crea la propria sede. […] Forse è necessaria una cerimonia particolare per essere accolti; forse bisogna versare una certa tassa d’ingresso. […] Il confine impedisce un incremento sregolato, ma in compenso ostacola e ritarda il deflusso. La massa guadagna in durata ciò che sacrifica in possibilità di crescita». Chi ha passato anche solo qualche mese in Via di Torre Argentina non ha bisogno di ragguagli. Chi non vi ha mai messo piede può comunque ricavare la differenza che cè tra un corpo elettorale del 25,5% e dello 0,19%.

9 commenti:

  1. Dal 99% delle analisi di ciò che sta succedendo in questo momento con le quali si sta letteralmente bombardando a grappolo il paese a ogni ora del giorno e della notte, non si riesce ad estrarre nemmeno l'1% della profondità e chiarezza estraibile dai suoi scritti.
    Non dico che sia l'unico elemento, ma certo il gap tra queste due % è abbastanza fondamentale per visualizzare più chiaramente il problema.

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  2. Leggerla è di conforto e di massimo sconforto al medesimo tempo... i suoi silenzi appaiono, forse senza volerlo, rumorosissimi e vieppiù preoccupanti.
    grazie!

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  3. Ho tre obiezioni da muovere al suo articolo. La prima, in realtà già espressa in precedenza, riguarda l'oggetto cui viene rivolto l'auspicio di comunità: lei sostiene essere il movimento, da quel che ho poututo sentire ai comizi-spettacoli di Grillo invece son convinto si tratti della comunità italiana nella sua interezza.
    La seconda: le dichiarazioni della Lombardi risalgono ad un vecchio post e la sua analisi non eleva a desiderabile un sistema violento e antidemocratico come il fascismo, bensì è volta ad indentificare le idee socialiste di quel manifesto del '19 come un presunto "vero fascismo". Sono pertanto riflessioni frutto dell'ignoranza, non di nazismo nascosto.
    Arriviamo dunque alla terza obiezione, a proposito di esagitati e violenti: mentre i secondi latitano, i primi fioccano numerosi tra le pagine web ma, ancora, non se ne vedono nel cosiddetto mondo reale. Pensa che in un prossimo futuro ci sarà una svolta violenta e antidemocratica? E poi: le stesse obiezioni non potevano essere mosse a B, che dalla sua aveva (ha) l'aggravante di possedere buona parte dei mezzi di informazione televisivi?

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  4. 1) Almeno nelle tappe di Cuneo, Torino, Pisa, Lecce, Reggio Emilia e Ivrea, testualmente dice "non siamo più un movimento, ma una comunità". D'altronde non è un mistero che il millenarismo di Casaleggio pesca nel comunitarismo di Sandel e di Buber.
    2) L'ignoranza della Lombardi - se di ignoranza si tratta - non la assolve dall'apprezzamento di un manifesto che in sé racchiude i nodi del corporativismo, della socializzazione e dello stato organico. Violenza e antidemocrazia sono epifenomeni del fascismo, irrilevanti sul piano della dottrina dello stato. Altro discorso sul piano storico, concedo. Ma qui era in discussione il manifesto del 1919 e non a caso ho parlato di fascismo allo stato nascente.
    3) Come sopra. La violenza è uno strumento. Il XX secolo ne ha fatto uso, il XXI già impara a usarne altri che la rendono superata. In quanto alle obiezioni che potevano essere mosse a B., su queste pagine gli sono state mosse: rivada ai post del 2007/2008 e troverà l'analisi di quello che ho chiamato "gentismo".

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    1. Grazie per la risposta.
      Sul primo punto resto scettico poichè Grillo dice anche "non so più cosa siamo" e spiega cosa intende per comunità parlando di solidarietà tra i cittadini italiani, ma vado a vedermi le tappe indicate. Sul secondo punto nulla da eccepire, sul terzo vado subito a leggere. Per quel che vale, penso anch'io che nel XXI secolo la violenza non sia più necessaria.

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  5. La mia obiezione è invece di metodo: se si considerano i fenomeni di massa nel loro essere, dal punto di vista della psicologia collettiva junghiana, sempre "organici" e quindi, con le differenze che ha evidenziato, sempre e comunque analizzabili come un unicum, magari degenerativo in quanto separato dai processi gnoseologici individuali, non vedrei sostanziali variazioni nel loro manifestarsi, ceteris paribus, nelle diverse epoche storiche. Sempre da quella "testa di legno" di Hegel discendono... Zagreo

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    1. I fenomeni di massa qui non sono considerati dal punto di vista della psicologia collettiva junghiana, ma sulla distinzione tra sociale/comunitario che da Tönnies arriva a Smelser. Il focus è sulla natura prepolitica della struttura organica. En passant, a me Jung fa cagare. Per esempio, leggo Hillman come romanziere.

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  6. Tonnies parla di comunità vs società, non di comunità vs partito. Infatti Grillo non dice che il movimento debba diventare una comunità ma che la società intera debba diventare una comunità. Mi sembrano concetti molto differenti. Poi, ma solo dopo aver detto la verità, si può essere o no d'accordo con lui.

    Paolo Roti Calenzano FI

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  7. Vi auguro di cuore almeno altri dieci anni di Berlusconi e Bersani.
    Paolo Roti Calenzano FI

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