venerdì 16 settembre 2011

Fakfa

Blažek, lo scarafaggio, svegliandosi un mattino da sogni agitati, si trovò trasformato, nella sua tana, in un minuscolo e lindo impiegato. Giaceva sulla schiena, curva com’è dei dipendenti del catasto, e sollevando un po’ la testa vide un ventre molle, chiaro, coperto da peli lunghi e radi. Il mucchietto di terriccio sul quale s’era addormentato gli si era appiccicato addosso e due gambe e due braccia, mostruosamente grosse rispetto al tronco, si muovevano davanti ai suoi occhi.
“Che mi è successo?” pensò. Non era un sogno. La sua tana, un bel buco da blatta, anche se un po’ piccolo, stava lì come l’aveva lasciato prima di addormentarsi…

1 commento:

  1. E' tutto inutile.
    Mi sono spesso chiesto come faccia un burocrate, un magistrato, un politico, quando legge "Il processo", a non accorgersi che si tratta esattamente della situazione analoga alle tante di cui lui è sicuramente responsabile e di non provarne perciò vergogna. Ma, forse, burocrati, magistrati, politici non leggono Kafka. Eppure, basta che guardino una commedia all'italiana e si contemplino lì, sul grande schermo, impersonati dai vari Sordi, Gassman, Banfi e chi più ne ha, più ne metta.
    Anche se uno facesse osservare loro: "Ecco, vedi, quello sei tu, esattamente come sei" son certo che se ne sbatterebbero ampiamente, felici di essere ciò che sono.
    Dunque, per concludere, anche l'enorme blatta barbuta che vive nel buco del culo del suo padrone, secondo me, è del tutto indifferente alle critiche di coloro che vorrebbero farle prendere consapevolezza del suo stato, perchè lei, in fondo, in quel caldo, umido e peloso buco di culo, si trova così bene come neanche uno scarabeo stercorario potrebbe immaginare.

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