sabato 8 gennaio 2011

Fallacy


“Il riferimento all’autorità è esposto all’accusa di sofisma quando, nel corso di una discussione su un oggetto tanto comprensibile agli interlocutori che ogni argomento pertinente sarebbe loro perfettamente accessibile, in luogo appunto degli argomenti pertinenti che potrebbero essere addotti da una parte, o in opposizione ad argomenti non pertinenti addotti dall’altra, si ricorre all’autorità”, che qui direi possa essere intesa in modo estensivo, così nei “casi in cui l’appello all’autorità costituisce sofisma” (che è il titolo del paragrafo dal quale ho tratto il precedente virgolettato) possiamo mettere tutto quanto nella Tradizione è cogente come tautologico e autoreferenziale, che per Jeremy Bentham (The Book of Fallacies) dà massima espressione di violenza quando l’autorità “ha un interesse opposto a quello della collettività”. È dunque impossibile la piena fedeltà alla Tradizione senza ricorso al sofisma: per renderla del tutto inemendabile è indispensabile l’appello non pertinente all’autorità, almeno saltuariamente.
Così, “colui che, su una questione relativa all’opportunità, per il tempo avvenire, di una legge o prassi consacrata si appella come argomento decisivo all’autorità, presuppone l’una o l’altra di due cose: che il principio dell’utilità non debba valere per il periodo in questione come criterio atto a giudicare nel merito della cosa; oppure che la prassi di tempi diversi e più antichi debbano essere considerate in ogni caso come prova conclusiva della natura e tendenza della prassi attuale, una prova conclusiva che renderebbe superfluo e fuori luogo ogni ricorso alla ragione o all’esperienza presente”. Sicché non è difficile comprendere perché l’utilità – Bentham la definisce “massima felicità per il maggior numero di individui” – debba trovarsi così spesso sottomessa alla cogenza della morale tradizionale, in forza del sofisma che vuole la morale antecedente e superiore all’uomo, una e inemendabile per definizione. [Poco oltre lo chiamerà “sofisma delle leggi irrevocabili”.]
“In ogni settore delle scienze fisiche applicate – scrive – nessuno è tanto sfrontato o tanto pazzo da affermare o anche soltanto insinuare che la cosa più auspicabile, la condotta più ragionevole e preferibile, sia di sostituire alla decisione fondata sull’evidenza diretta e specifica la decisione fondata sull’autorità [perché] la follia di una tale scelta è dimostrabile […] Nel settore delle scienze morali, ivi inclusa la religione, la follia di voler raggiungere un’opinione corretta con un’analoga ricetta sarebbe altrettanto universalmente riconosciuta, se tanto ostinatamente non si opponessero la ricchezza, l’agio, la dignità che sono connessi a quell’opinione e da essa confortati”.
In altri termini, non è data morale tradizionale senza una élite che faccia uso efficace del “sofisma delle leggi irrevocabili” per far coincidere il fine col mezzo nel “rafforzare abusi o istituzioni che sono di detrimento alla maggioranza degli individui”. Non è data cogenza del tautologico e dell’autoreferenziale fuori dall’interesse ultimo di una oligarchia che sappia far coincidere nell’abuso il fine e il mezzo di un’istituzione.


1 commento:

  1. Proprio stasera mio figlio (meno di nove anni) ha constatato: "Ma se uno dice in giro che ha visto il cielo aprirsi con raggi abbaglianti e che Dio gli ha detto le sue volontà, se la gente gli crede lui può fargli fare tutto quel che vuole".

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