lunedì 2 agosto 2010

“Vita relazionale ordinaria”


Luca Massaro ritiene bizzarro, forse assurdo, sostenere che nella scrittura privata vi sia “infinita libertà” (come ho più volte sostenuto) e (con Giulio Mozzi) dice che la scrittura è (non può che essere, dev’essere) pratica relazionale – corrispondenza – tanto più libera quanto più libero è l’uomo che non si sottrae alla “vita relazionale ordinaria”, quel mercato che fa ricchi tutti, eccetera. Non vorrei sembrare scortese, ma rimango della mia opinione: la scrittura pubblica non è mai più libera di quella privata, perché una pagina non è sollecitata a trovare relazione se scritta per rimanere privata. Andare al mercato, cercare relazione, trovare corrispondenza del tipo gradito, sforzarsi di mantenerla e accrescerla – non sarà una schiavitù, ma è un bel peso. Cercare di piacere al lettore (o di fargli altro effetto desiderato) toglie libertà alla scrittura: le darà altro, senza dubbio, ma non la libertà. Ci si muove con disinvoltura solo in privato, se nudi: quando si è disinvolti in pubblico, la nudità è coperta almeno dalla posa ritenuta migliore.
Mai veramente nuda, mai veramente gratuita, la scrittura pubblica. Che dà le sue soddisfazioni, non v’è dubbio, ma chiede sempre troppo. Quanta scrittura s’è corrotta inseguendo soddisfazioni diverse da quella di dar forma ai propri pensieri, finendo per corrompere anche quelli.

6 commenti:

  1. penso che se la parola è un atto comunque sociale, risponde sempre, in qualche modo, ad un ambiente (e ad un'epoca) che la condiziona; perciò non può essere per sua natura "infinita libertà". alla stegua della coscienza, da cui la parola non è separata, che per quanto individuale può diventare coscienza solo realizzandosi nelle forme ideologiche dell'ambiente che gli vengono date.

    esiste poi una scrittura totalmente non destinata ad altri, una nudità privata che non cerchi o non tema uno specchio?

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  2. Ma la scrittura privata, in quanto privata, non sarà mai vista da nessuno. E quindi, a provare che essa sia libera, abbiamo solo la testimonianza (peraltro resa in pubblico, e quindi sospetta di cercare una qualche soddisfazione) di chi la fa.
    L'argomento è buono tanto quello di chi dice: "Dio c'è, io l'ho visto". Cioè non è buono.
    Naturalmente: l'argomento potrebbe essere buono, e tuttavia vera la tesi.

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  3. @ diciottobrumaio
    La scrittura privata parla a chi scrive e a chi mai dovesse aver modo di leggerla (penso alla diaristica postuma, ad esempio). In tal senso non levo valore relazionale alla scrittura privata, né nego che la scrittura sia in ogni caso artificio: dico solo che una scrittura che si fa voce di una “vita relazionale ordinaria” è giocoforza tenuta a piacere o a dispiacere, né più né meno di quanto vale per ogni relazione che si cerca e si mantiene. Metilparaben l'ha espresso assai bene: "C'è bisogno di conquistarsi le visite una dopo l'altra, con pazienza e disponibilità, inventando ogni giorno un modo nuovo ed efficace per dire quello che si vuole dire e ogni giorno correndo il rischio di perdere tutti i propri lettori in un colpo solo per aver scritto una baggianata, per essersi lasciati sfuggire una considerazione superficiale, per non aver mantenuto lo standard di qualità al quale gli altri si sono ormai abituati. E soprattutto bisogna continuare, possibilmente sempre meglio, ché quelli che leggono i blog sono -per fortuna- esigenti di brutto, e basta un'inezia per perdere quel minimo di credibilità che si è acquisita con tanta dedizione" (25.7.2010). Bene, io comincio a sentire già da un pezzo che tutto questo è logorante, oltre che pressoché impossibile da evitare.

    @ giuliomozzi
    Non evocavo una "libertà di", ma una "libertà da". Adoro scrivere senza dover dar conto, perché ci sono abituato. Scrivo da quando ho 13 anni (oggi ne ho 53), regolarmente e molto (spesso mi sono definito grafomane perché lo considero un vizio più che una dimensione parallela), ma fino al 2001 non ho mai sentito la necessità di pubblicare: poesie, racconti, saggi, riflessioni, perfino due libretti per melodramma e tre sceneggiature per film, quattro o cinque romanzi abortiti - tutto - è sempre rimasto chiuso nei miei taccuini. Senza alcuna sofferenza. Posso dire che ero "libero da" ogni condizionamento, non "libero di" scrivere tutto ciò che volevo (l'autocensura è anche privata e per tutti c'è un Super Io censore). Diciamo che non voglio diventare quel genere di blogger descritto nel virgolettato che ho riportato nella risposta a diciottobrumaio. Il consenso mi corrompe, fuggirlo per cercare il dissenso mi corrompe.

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  4. Scrivere, come vivere, è costruzione di sé. Essere nel momento, sì, ma anche costruire il sé che vivrà i momenti successivi.

    Nella scrittura — quando non sia l'atto meccanico della lista della spesa o di certo giornalismo o narrativa — questo vivere e costruire si presenta in forma di distillato, separando le necessità meccaniche della quotidianità da ciò che dà al loro svolgersi quella forma che chiamiamo io.

    In ciò la scrittura privata raggiunge intensità e profondità superiori a quella pubblica. In quest'ultima, la nostra immagine esteriore (una quantomeno, fra le tante) prende inevitabilmente il sopravvento ed è, sempre e comunque, l'attore sul proscenio che dice se stesso prima è più che le proprie parole e che, soprattutto, tende a conservarsi più che a costruirsi.

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    La scrittura che stai/state leggendo ora è pubblica e privata allo stesso tempo. Pubblica perché destinata alla lettura, privata perché l'io che la produce non vi è accluso che in minimissima e anonima parte. Una modalità che è più rappresentazione (e costruzione) delle idee che del — pur restando anche questo — e in cui l'immagine pubblica resta confinata nello spazio delle poche righe e, con così poco appiglio, è destinata ad evaporare rapidamente per lasciare spazio solo alle idee espresse.

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  5. Hai ragione, scrivessi veramente quello che vorrei ne uscirei come uno affetto da turbe psichiche, e io ci tengo a passare per una persona ammmodo

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  6. i blogger che non sono star hanno il vantaggio della libertà di scrivere quel che vogliono, come vogliono e mandare pure affanc... quelli che rompono
    forse si potrebbe cambiare identità, e vedere l'effetto che fa ricominciare da zero...pur essendo sempre sè stessi, pur continuando a non tradire la propria natura
    scrittura privata, identità sconosciuta, massima libertà di movimento e di parola :)
    Widest Woman

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