martedì 3 agosto 2010

«Provocatori per smascherare corrotti»


Una breve a pag. 7 di Avvenire titola: “Bobba (Pd): «Provocatori per smascherare corrotti»”. Ciò che leggo è da non credere, sicché vado a verificare sul sito del sito del signor senatore. La proposta del teodem è di “introdurre la figura dell’«agente provocatore» come misura per contrastare i fenomeni corruttivi”: si tratterebbe di un “test di integrità” cui sottoporre il pubblico amministratore con un “finto tentativo di corruzione” ma – sia chiaro – sotto “il controllo severo della magistratura e della polizia giudiziaria”.
Chi deciderebbe la lista degli esaminandi? Quali sarebbero i parametri per valutare una risposta dubbia o ambigua al test? Come considerare un’estrema resipiscenza? Il signor senatore non approfondisce, né pare intravveda grossi problemi: “Si tratta di consentire una peculiare attività, quella sotto copertura, già prevista nella legislazione vigente per contrastare determinati fattispecie criminose, quali il traffico di sostanze stupefacenti, la pornografia, il terrorismo internazionale, con particolare riguardo al traffico di armi”.

Non saprei dire perché, ma proposte del genere mi lasciano senza parole, stordito e confuso. Poi cerco di riprendermi e mi chiedo: giacché il traffico d’armi e lo spaccio di droga sono cose assai brutte, per debellare il fenomeno, mi metto a testare dei comuni cittadini offrendo loro – certo, sotto “il controllo severo della magistratura e della polizia giudiziaria” – chili di eroina e missili a mazzi? Dovrò avere almeno una traccia per selezionare chi sottoporre al test o andrò a casaccio? Ricorrerò a un sorteggio? E con gli amministratori pubblici come farò?
Qui il signor senatore ha la risposta: il test sarà disposto “qualora, dal controllo incrociato di dati sensibili, risultassero sperequazioni tra il tenore di vita e il reddito apparente del soggetto, oppure giungessero segnalazioni a seguito di controlli patrimoniali da parte dell’organo competente, ovvero si riscontrassero anomalie nelle pratiche patrimoniali, fiscali, tributarie, o relative a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al rilascio di concessioni, di autorizzazioni e di nulla osta da parte della pubblica amministrazione”.
Chiamarlo semplicemente a renderne conto, no? Testarlo per vedere se cade in tentazione, bene, ma se poi non cade in tentazione – potrebbe intuire di essere sotto test – come si giustificherebbero le sperequazioni tra tenore di vita e reddito?

Dev’esserci qualcosa che dinanzi al problema della corruzione vizia il metodo di Bobba o il mio. Sarà che lui è cattolico e io no? Io penso che sia un problema da risolvere, nulla di più, e si risolverebbe con una anagrafe pubblica degli eletti e degli incaricati (come propongono quegli sfessati dei radicali), nonché dei loro congiunti di primo e secondo grado (perché noi italiani teniamo famiglia). Dovendo soddisfare la nostra smania di test, perché non sottoporre l’amministratore pubblico a questo? Prova di buone intenzioni e controllo permanente: trasparenza senza inquisizione, non sarebbe meglio? Non sarebbe meno dispendioso? Non sarebbe meno da stato etico e più da civile liberaldemocrazia? Ma – soprattutto – Bobba non se l’era portato via la Binetti? Ancora si esprime come membro del Pd? E che cultura è, quella del Pd che parla con proposte come quelle di Bobba?

1 commento: