mercoledì 14 luglio 2010

Istinto alla coazione identitaria?

Paul Bloom per The New York Times Magazine (in italiano sull’ultimo numero di Internazionale): “Molti studi hanno dimostrato che i bambini mantengono le loro preferenze all’interno del gruppo: quelli di tre mesi preferiscono i visi della razza che gli è più familiare a quelli delle altre. I bambini di undici mesi preferiscono le persone che condividono i loro gusti alimentari e si aspettano che siano più buone di quelle che hanno gusti diversi. Quelli di dodici mesi preferiscono imparare da qualcuno che parla la loro stessa lingua piuttosto che da qualcuno che parla una lingua straniera. E da altri studi è emerso che quando sono divisi in gruppi, anche in base a criteri arbitrari come il colore della maglietta, i bambini favoriscono il loro gruppo in tutti i loro atteggiamenti e comportamenti”.

Conformisti, gregari, tendenzialmente xenofobi e pure un po’ razzisti? Termini impropri, trattandosi di bambini: si può parlare di conformismo, di carattere gregario e di coazione identitaria quando i suddetti atteggiamenti e comportamenti si riscontrano in adulti che sono fissati o regrediti a quel livello di apprendimento, ma come considerarli tali nei bambini?
Bloom ritiene che non si debbano considerare come espressione di un elemento biologico innato, ma comunque “frutto della cultura”. Non lo scrive esplicitamente ma penso faccia riferimento a quelle precocissime acquisizioni che il bambino ricava dall’ambiente che lo circonda attraverso un adattamento mimetico, finalizzato ai benefici che si traggono da una risposta congrua alle aspettative che l’ambiente ripone nel soggetto: il pregiudizio che tanti fissati e regressi amano credere sia istintivo, e per ciò stesso “biologico”, in realtà si apprende.

Se così non fosse, dovremmo ritenere che nel bambino – in una matrice psichica umana ipotizzabile come primigenia e che nel bambino sarebbe ancora intatta – ci siano le “naturali” ragioni di razzismo, xenofobia, ecc. E tuttavia i bambini “preferiscono i visi della razza che gli è più familiare a quelli delle altre [e] le persone che condividono i loro gusti alimentari [e] favoriscono il loro gruppo in tutti i loro atteggiamenti e comportamenti”, non già perché nel bambino riposerebbe una “natura” incontaminata dalla “cultura”, ma perché in lui l’adattamento mimetico assume forma di atavismo. La tragedia è quando non si accorgono che sono diventati adulti.

1 commento:

  1. parole sante, tuttavia il biologismo ortodosso predomina, purtroppo anche tra le organizzazioni atee e questo atteggiamento finisce per offrire qualche (qualche!) apparente appiglio al pretume che in tal modo "argomenta" presso i propri alienati

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