giovedì 17 giugno 2010

“Lo faccio per quelle poche che mi sembrano disperate”


Nulla vieterebbe al dottor Valter Tarantini di astenersi dal praticare interruzioni di gravidanza – 300 all’anno, da 30 anni – ma continua praticarle, però assediato da laceranti scrupoli, da circa due anni e mezzo almeno, quando su Il Resto del Carlino (3.3.2008) rilasciò un’intervista che fece qualche rumorino: “La legge 194 è ormai un mezzo di controllo delle nascite… Per molte donne abortire è come togliersi una verruca… Facciamo pagare l’aborto a chi vi ricorre dalla seconda volta in poi…”. “Scusi la domanda – fece chi lo intervistava – ma se la situazione è questa, perché continua a fare aborti?”. La risposta fu: “Perché, per fortuna, non tutte le donne sono così. Ci sono donne che ne hanno davvero bisogno. Ma sono sempre meno, mi creda”.
Qui l’apparente contraddizione si scioglieva: il dottor Tarantini non soffriva nel fare qualcosa che si opponeva ai suoi principi – fra i quali, chessò, quello della sacralità dell’embrione – ma del non poter decidere a sua piena discrezione, assumendosi le competenze che la legge 194 affida allo psicologo e all’assistente sociale.

Dopo circa due anni e mezzo, il nostro continua a macerarsi e a praticare interruzioni di gravidanza, affidando la sua sofferenza – ancora – alla stampa: “Oggi l’aborto è diventata una cosa normalissima… Ho proposto a Gianfranco Fini e alla Lega di far pagare l’Ivg…” (Tempi, 17.6.2010). Anche stavolta chi lo intervista non può fare a meno di chiedergli: “Se pensa queste cose perché continua a praticare interruzioni di gravidanza?”. Ma il dottor Tarantini non ha smesso di credere di poter sostituire lo psicologo e l’assistente sociale: “Lo faccio per quelle poche che mi sembrano disperate”. In realtà, continua a farlo anche per le altre, perché “formalmente una donna un motivo lo trova sempre”. A lasciar decidere lui chi possa o no interrompere una gravidanza, la forma dovrebbe avere la sostanza della disperazione. Ma a suo insindacabile giudizio, naturalmente, come nel porre indicazione ad un qualsiasi trattamento.
Ecco, è qui, soltanto qui, che questo ginecologo – mi assumo la responsabilità di ciò che scrivo – a me pare un mostro.

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